Scuola Leonardo da Vinci Roma

Livello C1N9 prima parte

Lezione 10- esercizio 1

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CONIUGA I VERBI TRA PARENTESI AI TEMPI E MODI OPPORTUNI.

Uno sguardo indietro

È stato soltanto dopo, quando sono diventato grande, che mi sono reso conto di che persona originale fosse mio padre Vasco, della sua instancabilità creativa nel lavoro e nell’arte, della sua incontenibile energia.
Perché finché (ESSERE) piccolo, mi sembrava tutto normale. La mia casa era piena – e lo è ancora oggi – dei quadri che lui aveva dipinto in gioventù, prima che io (NASCERE) e ai quali lui non diede mai grande importanza. Erano soprattutto paesaggi, a volte realizzati con un tratto più lineare, altre più caotico e quasi espressionista, a cui io non (BADARE) molto perché, si sa, quando si è bambini certe cose le diamo per scontate e gli oggetti della casa ci paiono fissi e immutabili.
Anche quando, fra il ’46 e il ’47 – io avevo sei anni –, il giradischi di casa cominciò a inondare le stanze della sua voce, il me bambino lo accettò come se (TRATTARSI) delle note provenienti dai dischi di musica classica o dalle arie trasmesse alla radio. Aveva composto testo e musica di diverse canzoni e le aveva incise su disco al Conservatorio Cherubini di Firenze. Ancora oggi mi piace riascoltarle e credo che (AVERE) melodie molto più interessanti di quanto non si (SENTIRE) mediamente in giro oggigiorno. Eseguite da qualche bravo cantante moderno (FARE) , secondo me, una bellissima figura.
Anche il ricordo di mio padre romanziere mi accompagna fin da quando ero bambino ma la scrittura, a differenza delle altre sue passioni artistiche, fu quella che più a lungo lo (INTERESSARE) e quella a cui dedicò, per tutta la sua vita, gran parte del suo tempo una volta concluso il lavoro a fine giornata. Le immagini della mia infanzia che ho più chiare nella memoria sono quelle di lui che dopo cena (TIRARE) fuori la sua Olivetti 42 e cominciava a battere forte sui tasti. Io mi incantavo a guardarlo e, dopo un po’, il regolare ticchettio dei martelletti sul foglio mi tirava giù le palpebre e, pian piano, benché (DESIDERARE) rimanere sveglio, mi portava nel mondo dei sogni. Forse quegli stessi sogni di cui lui scriveva, chissà.

(Adattato da Paolo Mariotti, Uno sguardo indietro, prefazione a Vasco Mariotti, La legge di Manu, ed. Cliquot)