Scuola Leonardo da Vinci Roma
Livello C1N9 seconda parte
Lezione 3 - esercizio 3
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CONIUGA GLI INFINITI AI TEMPI E AI MODI CORRETTI.
Una mamma italiana in Thailandia
“Benché non (NOI-PARTIRE)
per un motivo particolare, (TROVARE)
molte ragioni a posteriori per restare”. Stefania Medetti vive in Thailandia, un paese che conosceva bene, perché ci andava spesso in vacanza, prima di diventare mamma. “All’inizio, pensavamo di trasferirci a Bangkok, ma poi ci è sembrato che una città da otto milioni di abitanti non (ESSERE)
esattamente il posto ideale per due gemelle di sei mesi”. La soluzione, un po’ inattesa, è arrivata qualche mese più tardi, seicento chilometri più a nord: “Chiang Mai, dove abitiamo, è la seconda più grande città della paese, ha un centro antico, una comunità internazionale ed è immersa nel verde”.
Ma che lavoro fanno Stefania e il marito? Lei è una giornalista free lance, un lavoro che ama e che il fuso orario le permette di fare con meno stress rispetto a quando stava a Milano: “Quando noi ci alziamo, in Italia si dorme, così ho più tempo per tutto”. Suo marito, invece, è un executive producer della pubblicità e a volte capita che, per lavoro, (STARE)
lontano da casa per qualche giorno.
“A differenza degli expat tradizionali, non abbiamo una multinazionale alle spalle e se siamo qui dobbiamo dire grazie a internet; molte persone con cui lavoro non sanno nemmeno che (VIVERE)
in Asia. Questo ci permette di guadagnare in valuta forte e spendere in valuta debole e ci garantisce una qualità di vita più alta: un aiuto full time, una casa più grande e una scuola privata per le bimbe”.
“Visto il clima tropicale, basta un paio di infradito e i bambini godono di tutte quelle libertà che avevano i nostri nonni: arrampicarsi sugli alberi, crescere scalzi, giocare con la natura, con il vantaggio che, grazie alla tecnologia, hanno già il loro account Skype e possono chiamare i nonni in Italia, quando vogliono” dice Stefania. E aggiunge: “Le nostre figlie crescono tra la cultura dei genitori e quella locale e credo che questo le (RENDERE)
particolarmente aperte e adattabili”. Come prima lingua parlano inglese. “Anche a casa”, racconta Stefania, “parlare un’altra lingua, per me, è una sfida che mette in discussione modi di pensare e dimensioni di sé”. L’italiano, però, c’è: “Per quanto le bimbe lo (PARLARE)
un po’ da inglesi per noi la cosa più importante è che non (PERDERE)
la nostra cultura europea. Per questa ragione, ogni primavera, torniamo in Italia per qualche settimana.
La scuola delle bimbe ha un costo sostenibile, un approccio buddhista (prima di entrare in classe si fa meditazione) ed è costruita interamente in materiali naturali. “All’inizio temevo che io e mio marito (PRENDERE)
una decisione troppo radicale ma, ora che le bimbe hanno sei anni, colgo pienamente il valore della nostra scelta che ha allargato gli orizzonti di tutti. Non ci sono solo una libertà fisica maggiore ma anche il fatto di crescere con meno stereotipi e con l’apertura ad altre culture. Qui gli stranieri siamo noi (i thailandesi ci chiamano “farang”) e questo, in tema di migrazioni, ribalta abbastanza le prospettive”.
Tornare in Italia, prima o poi? “No, penso che probabilmente (NOI-SPOSTARSI)
a Bangkok quando le bambine avranno bisogno di una nuova scuola. Il mondo di domani – dove è facile muoversi, c’è una mentalità imprenditoriale e un ambiente internazionale – qui è già realtà. E poi, io non sarei più in grado di vivere al freddo”.
(Adattato da d.repubblica.it)
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